La dote della sposa all’interno dell’antropologia culturale partenopea è un elemento che continua ad esistere, anche se non è più diffuso come una volta.
Non sia hanno statistiche precise, legate al numero di famiglie di origine che dichiarano di aver donato beni materiali: appartamenti, denaro o quantità di abbigliamento alle future spose ma è risaputo che sono ancori tanti i nuclei familiari partenopei e residenti nei comuni della provincia ad effettuare questa antica usanza.
Fino agli anni settanta, di preciso fino al 1975, la dote era obbligatoria per legge e quindi non solo un’usanza legata alle radici culturali.
Ma, anche quando il nuovo diritto di famiglia ha messo fine all’obbligo della dote, da parte della futura sposa, questa pratica ha continuato ad avere spazio in molte comunità locali.
Ci sono infatti ancora tante pratiche e doni presenti in quella che prima era definita dote, e che continuano ad essere donate da entrambe le famiglie ai futuri sposi, per metterli in condizione di affrontare il matrimonio nel migliore dei modi.
In sostanza, anche se la dote non è più una necessaria, resta da parte di molte famiglie la volontà di dare una continuità ai propri valori e alle proprie tradizioni, anche mediante il tramandarsi di beni materiali.
Appartamenti, terreni, attività commerciali, somme di denaro, auto, ville, gioielli di famiglia, argenti, quadri ed oro sono solo alcuni dei beni donati non solo dalla famiglia della sposa ma anche dalla famiglia del futuro marito ai futuri sposi.
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La dote della sposa nella cultura napoletana: Il corredo
Il corredo era in assoluto un bene da preparare con cura per la futura sposa.
Si cominciava con il ricamo delle stoffe sin da quando le future spose erano bambine, e questo valeva per tutti i tipi di famiglie, indipendentemente dall’estrazione sociale
I pezzi, di solito, erano 12 o multipli di 12, conservati in cassapanche di legno e dettagliati per iscritto su una lista, mentre un corredo era composto da una parte per le cose di casa ed un’altra per le cose personali.
Nelle famiglie benestanti il corredo per la casa era generalmente costituito da un numero di 24 lenzuoli doppi di puro lino ricamati a mano, da 24 di tipo semplice, da 36 coppie di federe, da 12 asciugamani di tela d’Olanda più 6 per gli ospiti, da 12 tovaglie d’organza più 6 per tutti i giorni.
Il corredo personale era invece composto da capi di biancheria, camicie da notte di seta, camicie di tela, mantelle, fazzoletti e via dicendo. Oggi resta nelle tradizioni delle famiglie partenopee la volontà di far dono ai futuri sposi di lenzuola, asciugamani e tovaglie, sia nuove che facenti parte di un antico corredo tramandato da generazioni.
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La dote della sposa nella cultura napoletana: storia della tradizione
A partire dai primi del novecento le famiglie delle coppie che decidevano di sposarsi, prima di farli unire in matrimonio, stipulavano in forma scritta dei cosiddetti capitoli matrimoniali, per la sicurezza della dote.
Tramite questo atto la famiglia della sposa concordava e quantificava con il futuro sposo la dote e il corredo, che era costituita da case, terreni, proprietà, argenti ecc. o da denaro contante.
Fino al 1975 la dote, come già spiegato, era indispensabile e obbligatoria per la sposa e un onere necessario per padri e fratelli, naturalmente la dote era proporzionata alle possibilità della famiglia della sposa e allo status sociale dello sposo a cui veniva concessa.
Terminata la festa nuziale la dote, però, non diventava di proprietà dello sposo che, in sostanza, ne era il gestore. Infatti, alla sua morte, la dote veniva restituita alla moglie che da quel momento era libera gestire i beni concessi dalla sua famiglia di origine.
Inoltre, se all’interno di una coppia moriva prima la moglie, senza aver messo al mondo dei figli, il marito era tenuto a restituire la dote alla famiglia della sposa. In verità, anche il marito era tenuto a dare alla moglie una sorta di controdote e un mantenimento che dovevano servire alla moglie per far fronte alle esigenze quotidiane.
Infine, prima della celebrazione del matrimonio, la descrizione dettagliata e il valore totale della dote e del corredo matrimoniale erano, addirittura, oggetto di un atto davanti al notaio.
Insomma, un vero e proprio accordo in termini di beni, che di fatto continua ancora oggi e che serve per “regolamentare” il patrimonio della coppia!